Houston, abbiamo avuto un problema: era un blogger dal Salone del Libro

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Il Salone del Libro quest’anno mi ha riservato piacevoli sorprese. Gli incontri a cui ho preso parte come spettatore nell’area “Book to the future” mi hanno dato interessanti spunti di riflessione e fatto fare due chiacchiere con persone che stimo e non vedevo da tempo.
Ma vado al dunque. Ho seguito il dibattito sui book blog, che è stato trattato da diversi eventi. Ciò indica che
i blog sono sempre più parte del sistema editoriale: un fattore che porta con sé alcuni vantaggi alla promozione della lettura e alcuni svantaggi per la misconoscenza da parte dei più delle regole base del diritto d’autore e di pubblicazione. Prova ne sono le diverse domande fatte dall’uditorio sul perché mai non si potesse usare del materiale disponibile in rete. Per fortuna a ribadire per l’ennesima volta come stanno le cose ci ha pensato Marco Giacomello con le sue slide.
Dato per assunto che i book blogger sono entrati a pieno titolo nel panorama editoriale, sia come generatori di contenuti, sia come megafoni consapevoli o meno dell’attività promozionale delle case editrici, sia come modello “pasionario e narcisistico” di presidio della cultura sul libro in rete, resta da definire quale sia il loro destino. L’intervento moderato da Effe “Book blog, editoria e lavoro culturale: cosa succede in Italia” è stato il più vivace e intellettualmente onesto e diretto a cui abbia partecipato, per le relazioni e per le chiacchiere generate post evento. Interessante il taglio di lotta di classe che volutamente è stato dato, interessante l’approccio filosofico e le domande poste, molto interessante l’individuazione delle 4 patologie che contagiano i book blogger (ufficiostampizzazione, autorefenzialità uroborica, segnalazionismo, anticipazionismo). Quale risposta nella pratica alla voglia di riconoscere norme e diritti adeguati a chi scrive di libri in rete? I diritti vanno di pari passo con i doveri. Il primo è la trasparenza dei contenuti e della loro origine. Se un blog pubblica una recensione di un libro che gli è stato gratuitamente inviato da un editore, è ragionevole che il blogger riporti l’informazione sul post. Nell’editoria medica è una prassi: se un medico scrive un articolo e per quell’articolo ha ricevuto un compenso da un’azienda farmaceutica, l’editore ha l’obbligo di segnalarlo, anche se quanto scritto dal medico non per forza è a beneficio dell’azienda. È chiaro che in quel caso c’è di mezzo la salute della popolazione e quindi la questione è assai seria, ma credo il modello sia replicabile per le questioni letterarie, anche quando non esiste compenso, ma solo il libro da recensire. Da tenere presente che il conflitto di interessi, come ben esplicitato da Effe nel suo intervento introduttivo, non riguarda solo quanto si riceve dall’editore in libri, ma anche altri tipi di relazione, come inviti a presentazioni, eventi ecc. Insomma, meglio sarebbe adottare una policy semplice e chiara per il proprio blog e comunicarla o metterla ben in evidenza sulle proprie pagine. Aggiungo che una segnalazione del codice etico di coinvolgimento dei blogger potrebbe ora essere opportuna anche per le case editrici. Non è necessario creare un bollino di “Book blogger verace”, ma è necessario, questo sì, giocare a carte scoperte, almeno in questa fase.
L’altro tema è il vil denaro connesso alla sopravvivenza e al riconoscimento del lavoro dei blogger: questione complessa, perché quando si inizia a lavorare gratis e per passione, molti deducono per proprio conto che quell’attività resterà gratuita, o quasi, per sempre. Perché non sposare allora il crowdfunding? Perché, richiamando quanto detto da Max Valentin, non permettere alle persone di prender parte ai progetto culturale che sta dietro un blog? Alcuni blog sono seguitissimi, fanno un’attività straordinaria (vd. ScrittoriPrecari) a favore del libro e della lettura. Credibilità, reputazione e professionalità ne guadagnerebbero, agendo direttamente sulle leve che oggi sfruttano il lavoro. Ne guadagnerebbe soprattutto il rapporto con coloro che seguono i bloggers. Esistono già esperienze vincenti all’estero.
Ultimo aspetto. Concordo con Morgan Palmas di SulRomanzo quando dice che non è sufficiente la passione per definire un buon blog letterario: è fondamentale l’aggiornamento. Dalla formazione passa la professionalità, il riconoscimento e la legittimazione della stessa. Non è questione di titoli (anche!), ma di strumenti. Se non so come si usa un’incudine, mica vado a ferrare cavalli, no? La credibilità di un book blogger che vuole definirsi tale, e non solo fare l’intellettualoide, si gioca anche sulla capacità di andare oltre il “mi piace”-“non mi piace”, il bello-brutto: ciò non toglie che la rete possa essere abitata da chi stronca Proust o Calvino. La rete accoglie tutti e ha maglie larghe.

L’impressione personale è che l’astronave dei blogger sia partita prima di calcolare la rotta per la Luna, ma è ancora in tempo per disegnare un buon allunaggio. Basta tirare le giuste linee sulla mappa dello spazio editoriale.

Quindi, cari book blogger, da domani alcune robe pratiche da fare: tutti on line con policy, dichiarazione di conflitto di interessi per ciascun post pubblicato, testa china su quel che può arricchire la formazione (sul serio) e applicazione di quanto utile a rendere trasparente e professionalmente ineccepibile la vostra attività in rete. Sempre che vogliate andare oltre la passione per i libri…

Ringrazio Effe, Marco, Ivan, Enrica, Clelia, Luca e tutte le persone incontrate per il tempo perso con me al Salone.

Salvatore Nascarella (@nascpublish)

La primavera digitale dell’editoria e altre stagioni. Battiato la sa

Il Salone del Libro mi ha ricordato quest’anno un paio di canzoni di Battiato, che secondo me la sa lunga in questione di stagioni.

La prima canzone cita: “E ti vengo a cercare anche solo per vederti o parlare perché ho bisogno della tua presenza per capire meglio la mia essenza”. Ecco una perfetta definizione del lettore forte e del
suo rapporto con il libro, perfetta anche come definizione del visitatore medio del Salone e delle sue aspettative.

La seconda è “La primavera intanto tarda ad arrivare” presa da Povera patria. A parte il riferimento sempre attuale alla situazione del nostro Paese, non poteva esserci contraltare migliore allo slogan “Primavera digitale” sposato dal Salone del Libro 2012, che spingeva l’acceleratore sul digitale, non sapendo però bene dove andare. Per quanto abbia cercato di accogliere le contaminazioni digitali, la manifestazione non è riuscita a mio parere nel suo scopo: far conoscere un settore in crescita con le sue sperimentazioni, i suoi
attori e, soprattutto, le sue potenzialità. È vero, gli interventi sull’editoria 2.0 non sono mancati, non sono neppure mancati gli articoli sui quotidiani, ma è mancata la volontà di volerci capire davvero qualcosa da parte dell’organizzazione. Alcune relazioni erano fuori tempo ─ davano per nuove cose già “vecchie” di un anno ─, altre mostravano evidenti buchi di competenza da parte dell’oratore o portavano fuori tema. Lo spazio destinato a Book to the future era piccolo e spesso, causa la posizione infausta, a fatica si potevano
sentire gli interventi senza uno sforzo di concentrazione abnorme. Eppure la sala ha sempre avuto pochi posti liberi. La mia impressione è che parlare di editoria digitale sia stata vissuta un po’ come cosa da fare perché non si poteva non fare. Ok, stiamo parlando di un mercato che oggi rappresenta forse solo 1,2% (0,9% a fine 2011, secondo i dati AIE) del mercato editoriale, ma da un Salone “digitale” ci si poteva aspettare qualcosa di più…

Meno male che l’area digitale del Salone si è saputa difendere da sé. Bookrepublic ha avuto la solita buona idea per avvicinare i neofiti dell’ebook, con i suoi sacchetti pieni d’aria che nascondevano ben 10 ebook gratis e buona parte degli interventi sono stati davvero interessanti, pur se “ruspanti” e informali.

Ah, ad Amazon ho chiesto per curiosità quanti Kindle avesse venduto nei giorni del Salone. La richiesta l’ho fatta sia via Twitter ad Amazon.com, sia ad Amazon Italia: ovviamente nessuna risposta è pervenuta, né ho letto dati ufficiali altrove. Sarebbe stato carino avere qualche informazione, no? Lo stand comunque era
sempre pienotto.

Ora, il punto è che c’è ancora molto da fare per arrivare a una cultura diffusa del lavoro editoriale, del libro e dell’editoria digitale. La responsabilità spetta innanzitutto agli addetti ai lavori.

Ne sono convinto anche perché mercoledì scorso ho partecipato come relatore al Digital Experience Festival che si è tenuto a Torino: ho cercato di dare una rapida panoramica sul passaggio dalla carta al
digitale, anzi, sulla convivenza tra carta e digitale in una casa editrice medico-scientifica. Mentre raccontavo l’esperienza di SEEd in questa fase di meticciaggio tra vecchie e nuove forme di lettura, tra marketing digitale e dispositivi di lettura, osservavo i miei spettatori. Alcuni visi erano confusi, altri avevano un grosso punto interrogativo sulla testa. Avevo dato qualcosa per scontato: che molti sapessero di che si stesse parlando. A conferma del mio errore una delle domande successive alla relazioni è stata: “Ma sull’ebook come faccio a mettere un segnalibro, come faccio a sottolineare?”. Uno degli altri relatori a fine intervento mi ha detto: “Non avevo mica capito che faceste quel lavoro” (nda. in quanto editori). Ne deduco che ci sia ancora molto da fare, che sia necessario lavorare in rete tra professionisti del settore, autori, blogger e lettori forti per uscire dai fraintendimenti e da false aspettative, e che esperienze come #libroincorso, di cui ho scritto qualche tempo fa, siano da replicare. D’altra parte, non è un modo come un altro per trovarsi intorno a un tavolo e parlare delle proprie passioni?

A proposito di iniziative sull’ebook, ve ne segnalo una interessante da poco partita in quel di Genova: 3 incontri sull’ebook e quel che sta accadendo in editoria con tanto di streaming e hashtag #genovaebook. Da non perdere.

Da segnare in calendario anche gli ormai prossimi Editech e If Book Then Summer Edition.

Nell’attesa di un più fertile “autunno digitale”…

di Salvatore Nascarella (@nascpublish)

la sottile linea rossa del self-publishing: ne parla Mauro Sandrini.

Di self-publishing se ne è parlato all’ultima edizione di Librinnovando in un panel dedicato (qui), se ne parlerà al Salone di Torino sabato 12 maggio, con Mauro Sandrini e Sergio Covelli. Tra i due eventi, è uscito questo articolo di Maria Cecilia Averame dal titolo significativo: “Se il self publishing e’ il dito, la redazione è la luna che perdiamo di vista” che vale la pena di leggere non solo perché Maria Cecilia scrive ed espone le proprie idee molto bene, ma anche perché ciò che dice riflette molto bene un sentire comune diffuso nel mondo editoriale.

Da redattore qual sono, devo dire che inizialmente ho abbracciato in toto l’Averame pensiero, ma poi ho pensato che di self-publishing non ne so abbastanza o comunque ne ho solo una visione, appunto, da operatore del settore e quindi sostanzialmente diffidente.
Conosco però persone che stimo che la pensano in tutt’altro modo rispetto a Maria Cecilia e per avere anche l’altro punto di vista ho interpellato l’amico Mauro Sandrini, non a caso autore del “manifesto dell’autopubblicazione “Elogio degli Ebook” e che di self-publishing ormai si occupa a tempo pieno e ha anche fondato il selfpublishing Lab.

Vorrei che quest’intervista fosse comunque spunto per un ulteriore approfondimento dell’argomento e mi auspico commenti con repliche e controrepliche, se necessario, perché la questione non può esaurirsi in poche battute e spero anzi che a Torino emergano bene le diverse facce del fenomeno del self-publishing.

Intanto, da parte mia ho fatto a Mauro Sandrini quattro domande molto precise:

Prendendo spunto dall’articolo di Maria Cecilia Averame, vorrei mi dicessi almeno due miti (negativi) da sfatare riguardo l’e-publishing.

Nel mondo dell’editoria è comprensibile che si guardi con sospetto a un entità dai confini indefiniti come il self-publishing. All’interno di questo mondo si raccolgono posizioni eterogenee, infatti, da chi agogna vedere il proprio libro pubblicato a tutti i costi, fino ai puristi dell’autoeditoria e ai cultori dell’arte tipografica. Che dire? A me pare che il primo mito da sfatare sia quello della contrapposizione. Non credo affatto che gli editori, grandi e piccoli, stiano sui lati opposti della barricata. Francamente non sono neppure sicuro che la barricata ci sia.

Personalmente credo che il self-publishing sia un epifenomeno della crisi sociale ed economica che stiamo vivendo. La tecnologia ha abilitato un processo, quello dell’autoproduzione in ambito editoriale, che non è affatto intrinseco al mondo dell’editoria, ma viene dall’esterno come risposta alla crisi. Io non lo considero nè positivo, nè negativo, mi limito a registrarlo.

Un altro mito da sfatare rispetto al self-publishing è quello della qualità. Anche qui resto sorpreso: ma è davvero così complicato arrendersi all’idea che i lettori decidano da sé o in gruppo di ciò che è valido da ciò che non lo è? Intanto che il criterio di selezione era determinato dalla sola configurazione di mercato editoriale andava bene tutto, ora che al criterio di mercato se ne affiancano altri che nascono dal basso (si veda per es. l’eccellente lavoro di Librinnovando o di Ledita) ci si stupisce. Io resto affascinato che i lettori possano individuare percorsi autonomi e indipendenti dal mainstream. Cosa che, anche grazie agli ebook, e al lavoro dei self-publisher è più facile che in passato. Il mio libro, per esempio, non esisterebbe e non avrebbe avuto la diffusione che ha avuto senza il passaparola esclusivo dei lettori.

Quindi editore e self- publishing non sono necessariamente due soggetti in confllitto e antitetici.

Per nulla. Anzi. Trovo interessante quando sviluppano alleanze e da cosa nasce cosa. Per esempio Tommaso Minardi ha raccontato la sua storia di editore “amico” dei selfpublisher qui:
L’aspetto interessante è che lui ritiene che un editore ha interesse affinchè i suoi autori imparino dai selfpublisher i “trucchi” del mestiere. Un ribaltamento di prospettiva che trovo entusiasmante. (Non ha caso l’ho scelto come editore!)

Mi spieghi in poche parole il progetto di SelfpulishingLab? Chi siete, cosa volete, come volete ottenere ciò che volete.

E’ semplicissimo: condividere con altri autori gli strumenti più aggiornati per pubblicarsi in autonomia il proprio libro e per raggiungere il numero più ampio possibile di lettori. Il tutto partendo da sé e annullando i costi e i limiti che molti editori ancora impongono.
E’ un approccio tecnico e concreto che diventa culturale e politico. O almeno questa è l’ambizione. Per cominciare organizziamo un primo corso online gratuito su questi temi qui e un primo seminario internazionale “live” il prossimo 15 giugno qui:

Negli Stati Uniti è una realtà che frutta anche parecchi soldi ad alcuni autori, in Italia ancora deve prendere piede. Come vedi il fenomeno dell’autopubblicazione in Italia da qui ai prossimi due-tre anni?

Non sono un astrologo (anche se ho sempre sognato di scrivere oroscopi!). Ci sono stime secondo cui negli Stati Uniti al momento ci sono circa 500.000 selfpublisher. In Italia siamo molto al di sotto, ovviamente. Tra qualche anno chi lo sa.
E comunque quello che trovo interessante è cercare di scoprire se può nascere un movimento, magari piccolo, di self-publisher consapevoli. Questo sì che lo trovo davvero interessante. Il mio obbiettivo ora è lavorare per questo.

enhanced ebook (parte seconda): ne parlano due scrittori italiani

Come anticipato nella prima parte, ho fatto qualche domanda sull’ ebook “arricchito” anche a due scrittori. Si tratta di due giovani scrittori italiani, Arturo Robertazzi e Francesco Aloe, il primo autore di “Zagreb” (Aìsara edizioni) e il secondo di “Il vento porta farfalle e neve” per la collana Verdenero di Edizioni Ambiente.
I loro romanzi richiamano il progetto di Quintadicopertina per ragioni diverse: se da una parte infatti “Zagreb” di Robertazzi è ormai in procinto di diventare “eZagreb“, cioè un ebook arricchito e accresciuto con vari materiali documentari sulla guerra civile nella ex Jugoslavia e link ( se ne parlerà anche al Salone di Torino,  vedi qui), dall’altra anche il romanzo di Aloe fonde finzione e cronaca facendoci rivivere la tragedia della Moby Prince e quindi riallacciandosi a quelle navi dei veleni di cui si occupa il reportage digitale edito da Quintadicopertina da cui sono partito per questa piccola indagine sugli enhanced ebook.
Ma meglio, molto meglio lasciar parlare loro, gli autori, cominciando dall’amico-complice di Ledita.

ARTURO ROBERTAZZI

La tua scelta verso l’enhanced è frutto di una maturazione del progetto o è emersa con il tempo?

Innanzitutto, qui abbiamo un problema di definizioni: enhanced, augmented, enriched, hybrid… eZagreb io lo definisco un romanzo digitale, un romanzo arricchito e svelato. In cui l’arricchimento, che è di due tipi, online (testi, immagini, video) e offline (testo e immagini), non è invasivo. eZagreb non è fantascienza. L’arricchimento è un percorso parallelo che il lettore può intraprendere prima, dopo e durante la lettura del romanzo.
Detto questo, l’idea del libro arricchito è nata naturalmente: Zagreb è un romanzo a carte coperte, impregnato di Storia che il lettore riesce solo a intuire. Per svelare il romanzo, nei giorni dell’uscita al Salone del Libro 2011 avevo già inaugurato una rubrica sul mio blog che si intitolava “Zagreb – La Storia Dietro”.
eZagreb nasce dalla necessità di avere tutto nello stesso oggetto digitale: il romanzo a carte coperte e la chiave per scoprirle.

Quanto credi nell’enhanced book e in ambito soprattutto? (narrativa, saggistica, ricerca ecc.)

Io credo che quando gli uomini hanno delle possibilità per progredire, le sfruttano, o almeno ci provano. Non utilizzare audio e video per qualunque forma di espressione che si possa racchiudere in un libro digitale, sarebbe come usare uno smartphone per mandare solo sms.
Bisogna esplorare, capire cosa può e deve diventare il romanzo, nel caso specifico. Credo che ci sarà la svolta quando l’opera sarà concepita in maniera multimediale, quando, cioè, lo scrittore “scriverà”, consapevole di poter utilizzare non solo le parole (che per me comunque rimangono la chiave di tutto) ma anche suoni, e quindi musica, e immagini, e quindi video.
Come scrivevo su Ledita: è una prateria quasi del tutto sconosciuta, di nessuno e, perciò, di tutti.

I potenziali rischi della modalità enhanced?

I rischi? Questa è una bella domanda!
Io credo che i rischi siano solo percepiti. Voglio dire, abbiamo due possibilità: dopo varie sperimentazioni capiamo che l’unica forma del romanzo è quella “classica” e quindi si abbandona la sperimentazione e si ritorna all’eBook come lo conosciamo ora; dopo varie sperimentazioni, qualcuno “scopre” una nuova forma di narrazione e al romanzo “classico” si affianca qualcosa di più evoluto.
Quale che sia il risultato, non si può aver paura della sperimentazione.

FRANCESCO ALOE

Partendo dall’iniziativa di Quintadicopertina, ti chiedo: quanto pensi possa essere assimilabile al tuo libro e se il tuo romanzo potrebbe evolversi in enhanced ebook?

Quella dell’ebook arricchito è un’idea affascinante e ti confesso che stiamo valutando di
concretizzarla nel migliore dei modi anche per il mio romanzo.
Senza dubbio “Il vento porta farfalle o neve” ha tutti gli elementi per diventare un enhanced ebook stimolante, con un valore aggiunto non indifferente rispetto al cartaceo. Si tratta di un romanzo a metà tra fiction e inchiesta che mi ha portato a consultare migliaia di pagine, tra verbali e articoli, e tante foto e filmati riguardanti la tragedia del Moby Prince. Gran parte di questo materiale è difficilmente consultabile e sarebbe un atto d’amore e rispetto nei confronti del lettore metterlo a sua disposizione, almeno i tratti
più significativi.
Inoltre due grandi gruppi rock hanno interpretato l’incipit del capitolo 12 realizzando due canzoni molto diverse tra loro. Me le immagino già come sottofondo di quel capitolo.

Come scrittore, cosa pensi dell’ebook e in modo precipuo dell’ebook enhanced: quali opportunità e soprattutto quali rischi vedi?
Le opportunità sono quelle già accennate prima: se lo scrittore può aggiungere elementi importanti, ma che non trovavano spazio per esigenze narrative all’interno del romanzo, ha una possibilità da non sottovalutare, soprattutto quando scrive un’inchiesta. Non sporca il romanzo, non spezza la trama, ma regala del materiale in più che il lettore può scegliere di consultare o meno. Sembra banale, ma non è poco.
L’ebook non mi ha mai spaventato, l’ho accolto come un fratello minore simpatico che vuole diventare grande ma non ci riesce. Come lettore ne ho acquistati tanti, pur preferendo ancora la carta. Il rischio è che venga sminuito il valore dell’opera in sé. Poco tempo fa ho fatto un incubo, ho sognato il lettore del futuro: comprava cento ebook al mese e leggeva solo le prime pagine di ognuno, come se stesse leggendo degli articoli on line, di quelli che se non ti prendono subito li abbandoni. Di fatto, era un lettore che non aveva mai
letto un libro pur avendone migliaia nel suo e-reader. Da brividi.
Mi consola il fatto che non tutti i sogni si avverano.

Clamoroso al Cibali: chi legge digitale, legge di più.

Fine primo tempo. Si va al riposo sul punteggio ebook 24, libro 15.

La notizia è da mettere in prima pagina: secondo quanto emerso dalla ricerca del Pew Research Center chi ha un ebook reader tra le mani legge di più rispetto a chi si affida al libro di carta. La ricerca riguarda la popolazione americana, ma il dato in prospettiva è interessante. Il punteggio è finale: 24 ebook letti, o meglio comprati, contro 15 libri di carta in un anno. Se vi interessa potete leggere la relazione integrale qui.

Che non sia solo una tendenza americana lo dimostrano anche i recenti dati che ci arrivano dalla Spagna: nel solo primo trimestre del 2012 il numero di titoli registrati con ISBN ha raggiunto la cifra di 24.173, di cui 5.203 ebook, ossia circa il 20,7% per cento dei libri immessi sul mercato. Continuano a farla da padrone i libri di narrativa, seguiti a ruota da saggi sulla società.

Un’altra ricerca messa in piedi a inizio anno dal RR Bowker ha osservato tramite un sondaggio on line l’impatto che gli ebook stanno avendo in 10 Paesi in termini abitudini di lettura e acquisto. Australia, India, Gran Bretagna e Stati Uniti guidano il mondo in termini di tassi di adozione degli ebook, ma Brasile e India risultano essere i mercati più interessanti per gli editori nel prossimo futuro.
Dai dati emersi dal sondaggio, i tassi complessivi di adozione degli ebook in Francia e Giappone sono i più bassi del mondo, ma nel complesso il resto dei Paesi sta raggiungendo gli Stati Uniti nelle abitudini di acquisto di ebook. Interessante è il dato sulle nazioni “emergenti” che sembrano essere un buon posto per gli editori che vogliono espandere il proprio business all’estero.
Pare che gli indiani siano desiderosi di acquistare ebook, sebbene esistano grosse fasce della popolazione che non hanno possibilità di accedere alla rete.

Detto questo, è chiaro che l’editoria stia vivendo un momento particolare: libri elettronici e cartacei giocano da alcuni anni una partita, ma neppure la sfera magica di Merlino o il pendolino di Maurizio Mosca possono ancora prevedere come finirà la partita. Per questa ragione è interessante rincorrere le analisi.

Un punto a favore dell’ebook è l’esperienza facilitata di acquisto e lettura attraverso uno stesso dispositivo, un’azione immediata che non è riproducibile con il libro cartaceo. Si gioca di più sull’acquisto di impulso. Poi che il libro sia valido, bello, piacevole o più semplicemente che venga letto è un’altra questione, che sia digitale o meno.

In conclusione mi piace segnalare l’articolo pubblicato da La Stampa proprio sugli ebook che cita anche l’esperienza sul valore del libro che si sta portando avanti a Torino con gli incontri di #libroincorso. In vista del Salone mi sembra un buon auspicio. Riprendo una frase di Elena Asteggiano «Siamo un po’ “sbilanciati” sulla passione per i contenitori, ma alla fine è il contenuto che ci interessa».

Che è il concetto su cui sta insistendo questo blog sin dalla sua nascita.

Salvatore Nascarella (@nascpublish)