nasce la federazione italiana blogger (and I’m proud member of)

Il blog, tutt’altro che morto, sembra vivere invece una seconda giovinezza: l’avevo già detto in altre occasioni (qui e qui, per esempio) e la nascita della Federazione italiana blogger lo conferma in maniera eloquente: con tanto di manifesto e una declinazione specifica per i book’s bloggers, la Federazione vuole essere luogo e occasione per “riunirsi, creare e organizzarsi” e soprattutto per definire meglio e riflettere su una figura – il blogger, appunto – che altrove è considerata spesso un interlocutore alla pari con altri più istituzionali e ufficiali, quando invece in Italia è poco più di un dilettante allo sbaraglio cui però l’informazione ufficiale attinge sempre di più e i soggetti istituzionali guardano spesso con un certo timore.

Insomma, l’idea c’è, i blogger pure: la Federazione italiana blogger può essere un’idea pregna di sviluppi interessanti e fecondi, tutto sta a noi renderla tale e vitale.

Ad maiora!

il marketing editoriale e i social network: la parola a martha fabbri

Questo post riporta la prima di una piccola serie di interviste sul marketing editoriale: è una chiacchierata con Martha Fabbri, editor di grande esperienza, tra le prime a sperimentare in Italia il marketing editoriale con i social network.

L’idea delle interviste è nata per cambiare prospettiva: dare un rapido sguardo alla promozione editoriale con gli occhi di chi ci lavora nel nostro settore, ma è anche un lettore, esaminare quanto le logiche del marketing penetrino nelle scelte personali, con quali aspettative e con quali necessità.

Fisica di formazione, Martha Fabbri lavora nel campo della saggistica editoriale da undici anni e da free lance si occupa di organizzazione di eventi culturali. Dal 2003 cura per Sironi Editore la collana di divulgazione scientifica Galápagos, specializzata nel lancio di giovani talenti della non fiction e tradotta in diverse lingue. Ha seguito lo Stanford Professional Publishing Course ed è stata Fellow all’edizione 2009 della Fiera del libro di Francoforte. Fa parte del corpo docente del Master in Comunicazione della scienza della Sissa, dove si è specializzata, dal 2004.

Martha, come scegli le tue letture?

Leggo di rado libri appena usciti. In effetti ignoro completamente i passaggi tv (non ce l’ho) o la pubblicità e le recensioni sulla carta stampata: mi fido di più del giudizio dei miei amici, colto, genuino e tarato sui miei gusti.
In generale il mio percorso tra i libri è browniano: procede in modo abbastanza disordinato e in direzioni casuali, in base a quello che mi serve o mi va, e in base a quello che mi viene consigliato quando chiedo. Faccio un esempio: l’estate scorsa ho finalmente colmato una lacuna nelle mie letture adolescenziali leggendo la saga della Fondazione di Asimov. Così mi è venuta voglia di altra fantascienza degli anni Cinquanta e ho scelto Fahrenheit 451 e I Am
Legend: “sapevo” di dover leggere Bradbury, mentre Matheson mi è stato consigliato in una chiacchierata informale (giurerei che sia avvenuta su Facebook). Nel frattempo ho letto altra fantascienza ancora: The Time Traveller’s Wife, che avevo in libreria (non ricordo più se mi sia stato regalato o se l’ho comprato in base a un consiglio), e un paio di romanzi di Crichton, che mi servivano per una conferenza e per il corso che tengo a Trieste.
Ma quando ho bisogno di una raccomandazione, magari per fare un regalo, non chiedo solo agli amici, c’è anche Amazon: vado a vedere cos’altro hanno letto quelli che hanno comprato quello che è piaciuto a me o al destinatario del dono. Lo trovo un sistema infallibile, sebbene per il momento sia affidabile solo con le versioni britannica o statunitense.

Perché un libro vende?

Mi limito alla non fiction, il campo in cui mi muovo, dove la potenza di fuoco del marketing dei grandi gruppi editoriali conta meno rispetto al settore della narrativa.
Anche nel caso della saggistica un certo numero di copie viene acquistato dai fan degli autori più noti e prolifici. Se si tratta di una novità, pensando agli acquisti d’impulso credo che un titolo accattivante, un buon tempismo e, per i grandi numeri, un passaggio giusto in tv possano fare la differenza. Per i libri di catalogo direi che funziona soprattutto il passaparola.

A tuo parere, quali strategie di marketing funzionano meglio nel mercato editoriale
attuale? E qual è il ruolo dell’innovazione?

Be’, ovviamente dipende tantissimo da chi sei e quali mezzi hai. Se sei piccolo, ti serve tanta fantasia. Questa secondo me resta ancora la forma di innovazione più importante.

Quanto vale l’autore nella promozione dei propri libri?

Molto. Il libro di un autore che sia capace di parlare in pubblico e conosca i social network, magari avendo già una solida base personale di contatti, ha due marce in più.
In particolare, una grande novità portata dai social network è che la gente pensa, spesso a ragione, di poter avere direttamente a che fare con chiunque – il suo attore preferito così come il suo scrittore preferito – e questa interazione può portare a una bella condivisione, a una nuova forma di attaccamento e fedeltà, anche a un’idea o a un progetto culturale.

Ma un’identità 2.0 non si costruisce a tavolino. Lo si capisce per esempio da certe mosse un po’ goffe di politici nostrani che aprono account su Facebook e Twitter ma poi li fanno gestire da altri: si capisce benissimo che è così e quindi non si deve fare, è un autogol. Nello stesso modo, forzare un autore a una presenza innaturale sui social network solo per promuovere il suo libro non avrebbe molto senso.

La rete e i social network: meglio ciascuno per proprio conto o fare gioco di squadra
(editore, agenzie, autore, librerie ecc.)?

Io non vedo niente di male nel gioco di squadra, infatti l’ho messo in pratica con La Mucca di Schrödinger, una pagina di Facebook dove dal gennaio 2009 quattro editori che in teoria sono in concorrenza tra loro nella pratica condividono un’esperienza interessante per tutti e che nessuno da solo avrebbe potuto sostenere, almeno
all’inizio.
Si tratta di cercare recensori in una comunità di lettori di divulgazione scientifica, regalare loro alcune copie di un libro e fare in modo che la loro esperienza di lettura possa essere utile agli altri e anche a noi, attraverso un feedback diretto che raramente l’editore ha occasione di avere dai lettori.

Cosa ti piacerebbe accadesse ai tuoi libri una volta acquistati dal lettore?

Anzitutto spero che vengano letti, tutt’altro che ovvio!
Poi mi piacerebbe che fossero apprezzati e criticati, allo stesso tempo. Ci sono tanti modi in cui un lettore può interagire direttamente con noi, dall’email ai social network dove siamo presenti. Le critiche ci fanno crescere, ma sono anche indice di un’avvenuta elaborazione, eper la saggistica credo che dare spunti di riflessione sia la missione principale.
Mi piacerebbe sommamente che i nostri libri fossero consigliati, regalati, passati di mano, portati in giro. Che fossero citati, condivisi anche in pillole. E che restassero.

Intervista di Salvatore Nascarella (@nascpublish)

salone di torino: recap n.1

Con grande piacere inserisco oggi un post sul Salone di Torino scritto da Salvatore Nascarella, che al contrario di me al Salone ci è stato veramente e ha registrato con occhio attento tutto ciò che ha visto, ascoltato e annusato con il suo fiuto da segugio editoriale.
Salvatore, inoltre, sarà da oggi in poi presente spesso in questo blog, dal momento che ha accettato di condividere con me la passione e l’impegno di parlare di editoria – digitale e non – in un momento così delicato e sicuramente interessante come quello che stiamo vivendo.
Ma bando alle ciance, vi lascio alla sua prima cronaca del Salone, ché in un post solo non ci poteva entrare tutta la kermesse.

E anche quest’edizione del Salone Internazionale del libro si è chiusa. Ecco qualche personale spunto di riflessione.
Sta evidentemente cambiando la relazione tra lettore, autore, casa editrice e distribuzione (almeno quella elettronica). L’approccio social network si è diffuso e sta contaminando anche  il modo di promuovere il libro-prodotto. Bookrepublic ha creato un’app che lancia il visitatore in una specie di caccia al tesoro grazie a QR code. L’ho scaricata e ho girato gli stand alla caccia di quel quadrato a molti ignoto da fotografare per avere sconti sugli ebook. Gli editori che hanno aderito all’iniziativa avranno avuto un maggior flusso di visitatori che magari, come me, avrà anche acquistato un libro di una volta (ossia in versione cartacea). Sempre Bookrepublic ha presentato un nuovo social network per lettori su cui stanno lavorando (zazie.it). Non si è visto nulla, ma il cantiere pare sia aperto. Add Editore ha tappezzato una parete del proprio stand con i post-it dei visitatori “indignati” (del loro catalogo fa parte “Indignatevi!” di S. Hessel). Su uno dei post c’era scritto “Quoto” con la freccia a indicare il post che gli stava sopra. Più social di così…

Comunque l’idea dei post è stata ripresa anche da altri editori.
Altre iniziative social degne di nota: lodevole l’idea di Bol.it che ha creato #donabol, un’iniziativa per arricchire le biblioteche con i libri suggeriti dai lettori. L’area del salone dedicata all’ebook si è dimostrata vivace e all’altezza del Salone richiamando a sé curiosi, visitatori e tecnolettori anche grazie alla formula “ok, pochi libri da mostrare, molte relazioni da costruire”. E di e-reader comunque ne son stati pure venduti (alla faccia del mercato nato già morto): a Ultimabooks pare non sia andata male e IBS ha potuto far vedere il proprio lettore in un ampio spazio. Bookliners ha macinato chilometri nei corridoi del Salone per promuovere l’ormai noto social network.

Quintadicopertina ha creato un abbonamento all’autore: diventa più diretto il rapporto tra autore e lettore, che può seguire il proprio scrittore. Ogni scrittore si è impegnato a scrivere, nel corso dell’anno, almeno 4 ebook da inviare ai propri abbonati. Meccanismo semplice che tende a fidelizzare l’acquirente e lo scrivente alla casa editrice.

Nota di colore e segno dei tempi che cambiano: mentre gironzolavo tra i padiglioni tweettando di tanto in tanto #salonelibro mi è arrivato un tweet da un autore (Teresio Asola) che mi invitava ad andare a sfogliare il suo libro allo stand dell’Araba Fenice. L’ho fatto.  E non è l’unico scrittore che si è dato da fare: se non ci credete, chiedete come è andata ad Arturo Robertazzi con il suo “Zagreb”…

Di ebook se ne sono anche venduti, anche se… in maniera che potremmo definire ancora artigianale: a chi chiedeva la versione ebook qualche editore (piccolo ma sveglio) tirava fuori dal suo cappello (alias, una classica pennetta USB) la versione digitale e la consegnava al tecnolettore che felice pagava l’acquisto virtuale. Mi chiedo: il prossimo anno  diminuiranno gli scatoloni da riportare indietro e aumenteranno gli spazi per incontri? Probabilmente andrà a finire così.

Lo sapevate che le la piattaforma dell’editoria cattolica per la distribuzione degli ebook vende il file pdf e l’epub allo stesso prezzo, nel senso che comprando un formato ti danno anche l’altro? Pare lo facciano non mettere in crisi chi deve citare una fonte, considerato che con l’epub si perde, o per lo meno è resa più fluida, la numerazione di pagina. Un bel servizio, no?

Cose strane:
1) totale assenza di Amazon Italia con un proprio stand, anche se non è mancato Martin Angioni, Country Manager Italia, che ha confermato il prossimo sbarco del Kindle nel nostro Paese;
2) presenza della Nintendo con la Wii e il Nintendo DS;
3) aperitivo degli ospiti russi (che ho mancato, ma pare ne valesse davvero la pena).

Un dato su tutti. Secondo Edigita, il mercato dell’editoria digitale nel 2015 sarà pari al 5%. Ai posteri l’ardua sentenza. A me sembra un buon dato. Basta che scendano i prezzi dei tablet e degli ereader.

Nota dolente: fiorire di sconti nell’ultimo giorno. Editori, capisco che non vogliate portarvi indietro molti scatoloni, ma…  fare gli sconti anche negli altri giorni di fiera?! Sa proprio di barbatrucco…

Altra nota dolente: signori dei baretti interni alla fiera, cambiate un po’ menu se tenete al fegato degli avventori e, soprattutto, degli espositori. Quattro giorni di panini e focaccine fiaccherebbero chiunque!

Conclusione: l’editore che cresce è quello che oggi sa scegliere bene cosa pubblicare, sa promuoverlo tramite i social network, oltre che per canali tradizionali, e lavora di concerto con l’autore e la community. Tutto si trasforma in una grande famiglia che si siede attorno a un contenuto e ne parla, quel contenuto che una volta si chiamava semplicemente “libro”. I blogger iniziano a pesare…

Salvatore Nascarella (@nascpublish)

Inviato tramite WordPress for BlackBerry.

il salone (non) parla digitale

Giovedì scorso, sintonizzato su Radiorai, ho avuto l’occasione di ascoltare un servizio sul Salone di Torino in cui venivano interpellati editori ed esperti del settore. Si è parlato molto della querelle sorta in seguito alla scelta dei libri fatta in occasione dell’iniziativa sui 150 anni letterari dell’Italia unita. Poi si è parlato un po’ della nuova generazione di scrittori russi e poi il tempo era scaduto.
Non una riflessione sul periodo di grandi cambiamenti nel modello di business editoriale, non una parola sul digitale. Va bene, considerando che era un piccolo inserto di un programma radiofonico nazionale, forse poteva anche essere giusto cosi’.

Poi leggo due articoli sulla Stampa del giorno dopo e penso che l’Italia non sembra proprio essere un Paese per gli ebook: infatti l’articolo, intitolato Aiuto, mi si è sgonfiato l’ebook, parla di una delusione diffusa percepita tra gli editori. Incredibile, penso io. Nemmeno siamo partiti che gia’ siamo delusi; e in giro si sente dire – dice Riccardo Cavallero di Mondadori – che “l’Italia è l’unico Paese al mondo dove si sente dire che l’ebook non ha funzionato”.
Per fortuna, Cavallero puntualizza meglio la situazione: “il punto non è l’ebook in sé, dobbiamo guardare alla rivoluzione digitale nel suo complesso. Il modo di fare l’editore è cambiato, e cambierà ancora, perché già ora abbiamo un rapporto diretto col lettore, che non abbiamo mai avuto prima. Eravamo noi a stabilire che cosa si leggeva, come, quando e a che prezzo. Oggi non più; è il lettore a scegliere.”

Segue questo articolo un altro sul libro digitale, in cui si fa un impietoso confronto tra Italia e Usa quantificandolo con le percentuali del mercato degli ebook: 0,1% da noi, 10% negli Stati Uniti.
Come parziale giustificazione, si dice che la lingua inglese permette una produzione e circolazione di moltissimi più titoli, ma non si dice che, per esempio, negli Usa hanno iniziato molto prima di noi e il panorama d’oltreoceano è più parecchio più articolato e complesso, come ha spiegato benissimo Gabriele Alese proprio su questo blog qualche settimana fa.

I due articoli suddetti – soprattutto il primo, e soprattutto il titolo – non devono essere andati molto giù nemmeno a Marco Ferrario, che proprio sulla Stampa di oggi ribadisce e rafforza quanto detto da Cavallero e dice: “il discorso va impostato diversamente. Semmai è vero che gli editori stanno investendo ma non tutti hanno capito qual è il modo giusto perché funzionino. E poi ci sono tanti ostacoli, tra cui quelli tecnologici in un Paese dove non si mastica bene l’informatica. (…) Ma ormai la strada è segnata e in realtà finalmente si stanno delineando diverse tendenze molto interessanti”.

L’articolo poi rimanda all’incontro di oggi alle 15 dall’eloquente titolo La grammatica del libro digitale, cui partecipano lo stesso Ferrario, Giuseppe Granieri di 40K e l’autore Dario Tonani.

Ah, lo dico facendo da amplificatore (nel mio piccolo) all’iniziativa de la Stampa di regalare un ebook del primo titolo del ciclo di Tonani, Cardanica: lo potete scaricare, solo per oggi 14 maggio, gratuitamente da Bookrepublic inserendo il codice leggoLaStampa.

E ora vi lascio, vado a scaricare la mia copia. Buon Salone, per chi c’è.

l”insostenibile leggerezza dell’ebook

Qualche giorno fa mi è capitato di leggere un articolo piuttosto interessante (non a caso riportato il giorno dopo anche da Teleread, uno degli osservatori più importanti per l’editoria elettronica) in cui si poneva l’accento su alcuni aspetti della lettura digitale che si dovrebbe sempre tenere a mente quando si parla di ebook. Riassumo (e traduco) brevemente i punti salienti del pezzo, a partire dalla menzione di un fatto direi importante e significativo:

Nel luglio 2009, Amazon ha cancellato dai Kindle dei suoi clienti le copie da essi acquistate di due libri di Orwell: 1984 e La fattoria degli animali. La ragione era dovuta alle leggi sul copyright, violate dal fornitore.
(…)
Tutti i clienti coinvolti sono stati rimborsati del costo sostenuto per l’acquisto dei libri in questione e Jeff Bezos stesso ha espresso pubblicamente le sue scuse promettendo che non sarebbe mai più accaduta una cosa simile, ma l’incidente dimostrò in maniera eclatante che il mondo era cambiato: il significato di “acquistare” e “possedere” è più fluido adesso che un’azienda può cancellare dai suoi dispositivi qualcosa che tu hai pagato. Anche il concetto di privacy diventa più elastico.
“E’ come se Barnes & Nobles si intrufolasse a casa nostra nel mezzo della notte prendendoci dallo scaffale alcuni libri e lasciandoci un assegno di rimborso sul tavolino della cucina” , commentò il blogger del New York Times David Pogue.
(…)
Amazon ha avuto la possibilità di cancellare i libri di Orwell a causa del DRM. Il DRM può essere descritto come “ogni tipo di misura tecnologica che pone limiti a ciò che tu puoi fare con un file”, dice Arthur Attwell, chief executive di EBW, una compagnia di consulenza editoriale.
(…) Il DRM, in pratica, sia quello di Amazon, sia quello di Apple, tiene il cliente ben strettamente chiuso all’interno di un triangolo costituito da DRM-device-bookstore.
Niente a che vedere con i diritti, quindi, quanto piuttosto uno strumento per assicurarsi una porzione di mercato.
(…) Il DRM chiuso è strettamente legato anche al formato in cui un titolo è pubblicato. I due più importanti formati da conoscere sono l’ePub e il PDF, perché pongono dei problemi di compatibilità con il dispositivo con cui intendi leggere il documento ed eventualmente copiarlo o stamparlo.

La sensazione è che i rivenditori non dicono abbastanza ai loro clienti prima che questi acquistino un libro. Conosco pochi rivenditori che ti dicono se un libro è in ePub o in PDF, o se è criptato con il DRM.

Vengono poi affrontate tre questioni: download, prestito e privacy.
Downloads: la possibiltà di scaricare lo stesso titolo più volte nello stesso dispositivo o su altri, dipende esclusivamente dall’editore.
Prestito: come si sa, a Barnes & Nobles sono stati pionieri in questo ambito e chi possiede il Nook può prestare un titolo ad altre persone per tre volte e 14 giorni al massimo. Ora anche Amazon è entrata nel giro del prestito, anche bibliotecario.
Privacy: è la questione più spinosa, perché è quella cui si fa meno caso. Amazon, per esempio, con il pretesto (o l’idea, chiamatela come volete) della comunità di lettori, sa sempre quale paragrafo evidenzia il lettore, identificando i passaggi più sottolineati nei libri molto popolari, per esempio. La comodità della connettività wi-fi o 3G permette sostanzialmente di raccogliere un’enorme quantità di dati su di noi e le nostre abitudini di lettura, cosa che, per dire, con il DRM di Adobe non accade (per ora, aggiungo io).
E’ un po’ come avere uno che ti sta alle spalle e sbircia ogni tanto mentre leggi un ebook.

A questo discorso si ricollega in qualche modo un altro pezzo sul prezzo degli ebook, in cui tornano alcuni degli assunti evidenziati qui sopra per chiedersi quanto può valere un ebook rispetto al corrispettivo cartaceo, se manca di molte di quelle caratteristiche che lo rendono davvero più conveniente.

Il pezzo è da leggere dall’inizio alla fine e parla del prezzo fisso che aveva inizialmente posto Amazon e del seguente Agency model, per poi analizzare le cause e le motivazioni per cui gli editori hanno una certa percezione del prezzo cartaceo e digitale; ma il passo su cui intendo soffermarmi è questo:

Se io potessi prestare il mio ebook tante volte quante desidero e a chi voglio, così come faccio con un libro cartaceo;  se il controllo di qualità sugli ebook fosse lo stesso che si ha con i cartacei, se non superiore; se possedessi un ebook come possiedo un libro cartaceo; se una miriade di altri vantaggi che ha il libro cartaceo fossero anche minimamente rinvenibili nella sua controparte digitale, allora un prezzo più alto sarebbe sì giustificabile. Ma tutto questo non accade e non esiste.

La sensazione che si trae da tutto ciò è che, per quanto negli States (e nel Regno Unito, per stare in Europa) il mercato degli ebook sia florido e in continuo sviluppo, permangono molte perplessità non solo sulla reale convenienza del libro digitale, ma sulla sua stessa essenza.

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