dalla filiera del libro alla rete del libro

Qualche mese fa ho suggerito la lettura di un bell’articolo spagnolo sull’editoria digitale, che sintetizzavo dandone una mia (pur imprecisa) traduzione. Ultimamente mi sono imbattuto in un altro articolo, questa volta in francese, che in 10 punti risponde in maniera sintetica e allo stesso tempo articolata a una serie di domande importanti per l’editoria digitale. L’articolo si intitola  Eteins ton livre, il est tard e se sapete un po’ il francese vi consiglio ovviamente la lettura integrale. Si tratta a volte di affermazioni non certo nuove, a volte condivisibili o meno, ma sicuramente il tutto mi sembra un’efficace sintesi di questioni continuamente discusse e che resteranno credo a lungo al centro del dibattito.

1. I lettori forti preferiscono il digitale? Falso
I lettori forti sono i meno sensibili al supporto: quello che vogliono è semplicemente leggere, e ci ricordano che un libro significa due cose: un autore che scrive e un lettore che legge. Poco importa il supporto o il canale di vendita.

2. Gli anziani non amano gli e-reader? Falso
Ultimamente sono proprio loro che si avvicinano alla lettura su supporto digitale, per la semplice ragione che finalmente trovano qualcuno che pensa a loro e gli permette di ingrandire i caratteri. Gli anziani inoltre non rifiutano a priori le tecnologie, se vedono che esse possono offrire vantaggi concreti. Di fronte alle tecnologie della comunicazione la frattura è più sociale e culturale che generazionale.

3. Tutti i libri si assomigliano, in fondo. Falso
La differenza tra tablet e e-reader consiste, si sa, in due caratteristiche: con i primi si legge e si può fare anche altro, i secondi sono solo per la lettura; ma soprattutto i primi sono retroilluminati e i secondi no. Quindi con i table si legge meglio con il buio ma non si legge di giorno, con gli e-reader vale il contrario. La scelta non è troppo complicata, in fondo, non più di tante altre che facciamo giornalmente.

4. Si legge meno di un tempo. Vero ma falso
Non si legge di meno, si legge di più, ma in modo atomizzato, tutto e non importa cosa. Non ci si informa di meno, si consumano più segni, messaggi, codici… Leggere non è più sinonimo di stampa o di libro. Non si cerca più di acquisire il sapere, ma si cerca di sapere dove trovare l’informazione.

5. Il libro cartaceo morirà? Falso
Non morirà, ma perderà la sua “sacralità”. Tra trent’anni, lo si manipolerà come ora un vecchio vinile. Una volta che i nativi cartacei saranno quasi scomparsi, non si porrà più la questione di un supporto, ma di una cultura, una certa idea di scelta, di riferimenti, di modi di consumo di un prodotto culturale.
Il cinema, la televisione sono ormai on demand, la musica si è dematerializzata, il libro è l’ultimo a resistere, Fino a quando?

6. Il libro è poco piratato? Vero e falso
Dati recenti dicono che appena l’1% di libri in commercio accessibili ai pirati, si parla cioè di 3-4000 titoli. I pirati sono soprattutto geeks e adolescenti. Il metodo più efficace contro la pirateria è il prezzo. E se da una parte è vero che senza la stampa (10% del costo) e la distribuzione (55%) l’editore potrebbe benissimo abbassare di molto il prezzo dei libri, dall’altra è piuttosto improbabile, almeno per ora, che lo faccia.

7. Le librerie scompariranno? Quasi vero
La maggior parte delle librerie è destinata a scomparire entro una quindicina d’anni, ma la loro crisi risale indubbiamente prima della comparsa del libro elettronico, che comunque accelererà questo processo.

8. Gli editori scompariranno? No
No, ma il mestiere dell’editore cambierà. A questa mutazione contribuirà molto il self publishing, che avrà un ruolo sempre maggiore nel digitale.

9. And the winner is… Amazon
Non c’è dubbio che Amazon portato un modello di business vincente con cui, piaccia o no, tutti devono fare i conti, se vogliono sopravvivere.

10. A cosa assomiglierà il libro domani?
A un file, come sta già accadendo. Ma un file che offre una possibilità molto importante, quella di commentare il libro che si sta leggendo e condividere la lettura con altri. E’ il passaggio dalla filiera del libro (autore-editore-libraio-lettore) alla rete del libro (testo/autore-lettore), nel bene come nel male, come sempre.

la pirateria è un ingranaggio scomodo ma inevitabile

Un paio d’anni fa avevo letto su Futurebook un simpatico e intelligente articolo intitolato Is all piracy bad piracy? che ripercorreva brevemente la storia della cosiddetta pirateria, dimostrando che le sue origini sono le stesse della stampa gutenberghiana. Da John Milton a Benjamin Franklin fino al contemporaneo Paolo Coelho (per non parlare di Colin Doctorow), l’articolo riportava i casi più eclatanti in cui l’autore stesso è “pirata” ma non per questo danneggia la letteratura o il sistema editoriale, al contrario.

Se ne è parlato anche a IFBOOKTHEN 2012 e a mio parere uno degli interventi più interessanti (se non il più interessante) è stato quello di Timo Boezeman (editore olandese e demiurgo proprio del sito Futurebook di cui sopra) sulla pirateria: “Inside Piracy: what we can learn from pirates“. Potete vederne le slides qui, mentre qualcosa di più lo trovate sullo Storify dell’intero evento milanese. Boezeman ha esordito con la frase “La pirateria non è rubare. Se lo vedete come tale avete un problema”, catturando subito l’attenzione dei presenti.  Ha continuato poi invitando gli editori a non combattere la pirateria ma piuttosto a investire per dare alternative valide e legali e per fare libri di qualità e ben fatti.
In un mondo dove il digitale porterà ad una (ulteriore) ipertrofia editoriale e l’attenzione sarà la valuta più preziosa, “the real problem is obscurity, not piracy”.
Perché infatti un libro viene piratato? Principalmente per due ragioni: perché è troppo caro o è difficilmente reperibile. O forse, addirittura, perché la copia piratata è fatta meglio dell’originale (un caso meno raro di quanto si pensi).
E’ evidente che le leve da manovrare sono quindi tre: il prezzo, la qualità e la visibilità. Visibilità che significa anche metadati ben fatti, perché il titolo sia reperibile attraverso diverse chiavi di ricerca. Non è un lavoro facile, ma gli editori sono quelli che possono farlo meglio. Per questo secondo me non devono avere paura, ma solo adattarsi al nuovo mondo e non entrarci come si entra in una casa infestata dai fantasmi (e dai pirati), ma come si entrerebbe in una stanza già nota, ma ammobiliata in modo diverso. Bisogna solo adeguarsi alla nuova disposizione e cambiare gli automatismi, inventarne di nuovi e farli propri.

Questo e altro lo dice molto meglio di me Giuseppe Granieri in un suo recente pezzo eloquente già dal titolo: la pirateria è un fattore di sistema in cui fa un’affermazione che ritengo importante e giusta: “abitiamo una cultura che aggiorna le sue regole con molta più lentezza rispetto alle nuove pratiche che adottiamo.”
La rapidità con cui avanza la tecnologia rende difficile tenere il passo, è vero, ma penso sia altrettanto vero che nel campo editoriale (come è stato in quello discografico e musicale) chi non si adegua rapidamente alle nuove regole rischia di uscire dal gioco prima degli altri.

E’ un mondo adulto, direbbe Paolo Conte, e se si sbaglia bisogna farlo da professionisti.