Ho scattato questa foto stasera di ritorno dal lavoro, nella metro che mi porta a casa. Se volessi sottoporvi uno pseudo-test psicologico, vi chiederei cosa vedete nella foto. Se magari invece volessi fare un gioco di parole un po’ da nerd, direi che ci vedo cinque lettori.
Ma in verità di lettori ne vedo sostanzialmente tre. E sarebbero stati quattro, se mi fosse entrata nell’inquadratura la ragazza di cui si vedono invece solo le gambe (e aveva anche un bel librone voluminoso).
La foto mi ha fatto subito venire in mente l’articolo di cui si sta parlando in rete questi giorni, quello di Simonetta Fiori su Repubblica, in cui vengono riportati i dati Istat secondo i quali nel 2011 si sono persi per strada ben 700.000 lettori. Guarda caso una cifra non troppo divergente da quella degli e-reader (anche questi detti “lettori”, vedi il giochino di parole di cui sopra) in circolazione fino al trimestre ottobre-dicembre 2010. Semplice travaso da un supporto a un altro? Si chiedono questo e altro sia Simonetta Fiori sia Roberto Russo su Booksblog, pezzo riportato a sua volta da Giuseppe Granieri nel suo blog su lastampa.it.
Personalmente, non me la sento di dire molto di più e vi rimando ai link suddetti, ai quali aggiungo i numeri e le riflessioni di Antonio Tombolini che registra un deciso incremento nel numero degli ebook venduti nel corso del 2011 e soprattutto l’accelerazione (prevedibile) apportata dall’apertura del Kindle Store Italia e prevede prospettive future con percentuali a due cifre.
Tutto molto interessante, ma una piccola chiosa vorrei farla anch’io. A parte i dati Istat, credo non ci sia dubbio che il lettore da qualche lustro è sempre meno supportato. Ne ho già parlato altre volte (tra cui qui e nel mio intervento su La lettura digitale e il web – a proposito, non l’avete ancora comprato? Vergogna!) e rischio di ripetermi fin troppo, ma in sintesi la situazione è la seguente: migliaia di nuovi titoli ogni anno, rapidissima rotazione degli stessi delle librerie che non permette nemmeno al lettore attento di avere punti di riferimento, figuriamoci a quello sporadico. Una bulimia editoriale che macina novità a ritmi insostenibili, dove libraio e lettore sono in modi diversi centrifugati, senza che si capisca poi cui prodest tutto questo: l’editore in continuo affanno, il libraio ipertrofizzato e non più in grado di dare consigli sensati al lettore il quale, a sua volta, viene completamente abbandonato in un mare magnum di titoli che li priva singolarmente di una propria identità e fisionomia.
Forse il diverso supporto potrebbe supportare (perdonate il calembour) il lettore di domani? E come?
La libreria digitale, si sa, non ha la presenza fisica (e per molti rassicurante) del libraio, ma ha gli algoritmi che possono guidare il lettore in maniera sorprendentemente precisa e mai scontata. Possono mettere in relazione le sue scelte con quelle di altri lettori simili a lui e proporgli libri che molto probabilmente su uno scaffale non attirerebbero la sua attenzione; la lettura digitale, tra le altre cose, lo può mettere in contatto con altri lettori (tramite il social reading o anche in modo più semplice condividendo le sottolineature o le annotazioni dal suo device) e conoscere in questo modo altre prospettive da cui poter leggere lo stesso testo.
E il libraio, vedo da qui che lo chiedete, è condannato all’estinzione? Secondo me no, se non forse le grandi catene. Paradossalmente, infatti, il piccolo libraio, quello attento, quello veramente bravo, potrebbe di nuovo ritagliarsi un suo ruolo ben preciso in un futuro non troppo lontano se, come prevede Tombolini, entro il 2015 l’ebook arriverà al 20% del fatturato totale delle vendite. Si presume quindi un maggiore sviluppo del self publishing e quindi un’ulteriore aumento dei titoli in circolazione, dove forse nemmeno gli algoritmi sarebbero una rosa dei venti soddisfacente.
Mi immagino allora un libraio specializzato in nuovi autori del self publishing digitale, appassionato di emergenti, che consiglia al lettore questo o quel titolo o quegli autori particolarmente validi, o il libraio di nicchia in grado di indirizzare l’appassionato verso determinati testi specifici su un argomento e nascosti in qualche meandro del web.
Sono solo ingenuità. Forse. Fatto sta che ora come ora il lettore si arrende più facilmente perché si vede abbandonato. Il lettore invece va attirato, coltivato, coccolato, forse anche un po’ viziato, quando necessario. Creandogli attorno un qualcosa che non sapeva di poter avere, in un modo che non sapeva esistesse.
Ci vuole coraggio, e amore per la lettura. La lettura tout court, che non ha supporti predefiniti, ma va supportata.