Come volevasi dimostrare (e del resto già immaginavo lo scorso dicembre, leggere qui per credere), le promesse del 2012 sono state mantenute solo in parte – ad essere generosi – e gli auspici che facevo alla fine del 2011 sono ancora in attesa di vedere una piena realizzazione.
Del resto non è forse paradossale il fatto che quanto più velocemente la tecnologia muove i fattori, tanto più prudentemente e con maggior cautela si muovono gli editori. Quindi, da questo punto di vista, potrei anche replicare il post dello scorso dicembre e finirla qui. E invece.
Invece ci sono alcuni indizi che mi spingono a dire qualcosina di più: non parlo solo del fatto che nello spazio di un anno il giro d’affari del libro digitale è passato da poco meno dell’1% al 3% pieno; si tratta anche di indizi che riguardano le abitudini di lettura e l’emersione di una mentalità nuova e che coinvolgono tutti gli ambiti: quello dei periodici, quello dei libri di narrativa e quello della didattica.
Li espongo rapidamente, poi se son fiori fioriranno, come si suol dire.
Narrativa
Da una parte sarà interessante vedere gli sviluppi di alcune idee esposte per esempio durante l’ultima edizione di Librinnovando (ne ho parlato qui) per quanto riguarda soprattutto i prezzi degli ebook e l’interazione con il lettore che alcuni editori (soprattutto nuovissimi) e alcune librerie online hanno iniziato a intraprendere. Per quanto riguarda invece i device, sarà tutta da seguire la traiettoria che prenderà il Kobo, lanciato in grande stile da Mondadori e che, a quanto sembra, ha già conquistato molti. Quando poi si legge di iniziative come questa, è lecito anche chiedersi se la penetrazione del libro digitale nella quotidianità e nella diffidenza ancora propria di molti non passi per una graduale ma accorta somministrazione di servizi a tutela della lettura tout court, che non mi stanco mai di ripetere è molto più importante dei supporti, dell’odore della carta e dell’indubbia bellezza e unicità dell’oggetto libro in sé. L’esperimento ferroviario, come suggerito dall’articolo, potrebbe anche portare ad un filone narrativo ad hoc, anche se giova ricordare che iniziative in un certo modo simili sono nate su supporto cartaceo già da tempo in varie città, tra cui Milano.
Quello che è vero è che il passo del racconto breve è molto più sostenibile con il digitale che non su supporto cartaceo (come produzione, almeno, poi certo la fruizione necessita dell’apposito hardware).
Periodici
L’idea della brevità e soprattutto dell’erogazione di contenuti funzionali alle esigenze del pubblico di riferimento sta anche alla base di progetti ben descritti in questo acuto articolo di Ivan Rachieli, dove il less is more sembra riecheggiare anche per l’editoria – non solo periodica, come accennato poco sopra. A me sembra una strada non solo giusta e saggia, ma l’unica da percorrere se si vuole continuare a sopravvivere, pensando finalmente non più in termini analogici ma realmente digitali, intendendo la rete come un immenso hub di servizi e informazioni dove l’editore deve individuare il suo spazio, non più generalista ma mirato, non più erogativo ma condiviso e da condividere in modo perché no social, come ha iniziato a fare il Washington Post. La lettura condivisa è anche una delle peculiarità del Kobo di cui sopra e si tratta di vedere se, come e quanto i lettori risponderanno a questo tipo di stimolo ed eventualmente in che tempi.
Didattica
Sebbene il governo abbia prontamente (e, direi opportunamente) frenato l’afflato digital-innovativo del ministro Profumo, che vagheggiava scuole 2.0 magari tra intonaci cadenti e tablet tra le macerie, c’è da sperare che nel frattempo si inizi a formare il corpo docente non tanto sulla tecnologia, ma su come essa possa essere usata al fine di migliorare sia l’insegnamento sia l’apprendimento. Non mi aspetto certo corsi sovvenzionati dal Ministero, ma almeno che qualche privato (magari gli editori stessi?) abbia l’intuizione di creare occasioni di incontro dove formatori e insegnanti, in posizione paritaria e collaborativa possano tracciare percorsi in cui pedagogia e tecnologia si incontrino e dove l’una sia valorizzata dall’altra e viceversa.
Ecco, se solo ciò accadesse anche in minima parte, sarebbe già un gran passo avanti, e lasciamo che negli USA parlino di MOOCS, di Mobile Learning e di altre tendenze sicuramente in atto ma che riguardano ancora una minima parte di scuole negli stessi States, dove sembra comunque solido il regno del libro di testo cartaceo, per quanto se ne dica.
Se dovessi però riassumere in due parole l’ingrediente base di ogni intervento futuro nel campo dalle didattica direi: content curation. Che è non solo filtraggio dei contenuti in maniera funzionale al tuo uditorio, ma anche creare percorsi personalizzati, condivisi e rielaborati poi dall’utente stesso nella maniera che più gli sembrerà adeguata. Magari in gruppo, magari in una rete social.
Ed ecco che tutto torna, e tutti gli indizi fin qui raccolti formano un quadro più uniforme e preciso.
Buon 2013 a tutti.
P.S.: A proposito, se volete leggere previsioni vere e proprie, iniziate magari da quelle di Teleread. Ma le previsioni, si sa, son fatte per essere sbagliate.