Per chi si interessa di editoria digitale ormai è impossibile parlare o scrivere alcunché senza menzionare Amazon, che a quanto pare ogni giorni ne sforna una nuova. Questa volta due notizie di rilievo hanno fatto scalpore: Amazon che diventa editore e il nuovo formato KF8 per gli ebook.
La prima notizia ha evidentemente fatto tremare i polsi a molti, ne ha parlato tra i primi il NYT e subito l’eco si è diffuso urbi et orbi. Il Post ha tradotto in parte l’articolo (qui per chi è interessato) e tra i commenti cito per tutti quello sul blog di Bookrepublic, che mi sembra sintetizzi bene le varie posizioni e, giustamente, non grida al lupo al lupo, ma anzi invita gli editori a “dimostrare di avere spina dorsale” e soprattutto di iniziare a fare con i loro autori il gioco che fa Amazon, che in pratica si riassume in una parola: trasparenza.
Del resto, di librai che sono editori la storia è piena sin dai tempi del nostro Manuzio; certo Amazon non è un semplice libraio né sarà un semplice editore, ma la guerra, se di guerra si tratta, è appena iniziata e chi si fa prendere dal panico, si sa, è perduto ancor prima di partecipare alla tenzone.
La seconda notizia è che Amazon ha presentato un nuovo formato per gli ebook, il FK8, molto adatto, a quanto pare, a generi finora poco presenti nel digitale come il fumetto e la graphic novel, ma anche libri specialistici che contengono grafici, formule o necessitano di una grafica particolare. Qui la notizia completa tratta da Pianetaebook, per chi vuole.
Chi è curioso invece di sapere qualche dato sulle vendite librarie (digitali e non) in Italia l’ideale è questo articolo del Sole 24 Ore in cui, nonostante un titolo rassicurante, i dati forniti non sono così rosei, né per il cartaceo né tantomeno per l’ebook (sul primo semestre di vendite digitali ne avevo parlato io qui con alcuni soggetti direttamente coinvolti).
Due osservazioni: prima di tutto l’informazione secondo cui in Italia i libri costano meno che in altri paesi europei non credo sia correttissima, a meno che si voglia mettere in dubbio altre fonti che avevo (vedi qui) ma basta l’esperienza quotidiana e soprattutto basta viaggiare un po’; in secondo luogo, tra tutte le cifre che si leggono, quella che più salta agli occhi secondo me è che la produzione libraria è di 37.000 titoli annuali, cioè 3083, 3 periodico al mese, cioè più di cento al giorno.
In un paese in cui circa metà della popolazione non legge più di un libro all’anno.
Altro? Sì, volendo domani a Palazzo Farnese a Roma ci sarebbe un convegno italo-francese su “Il libro digitale, tra mercato e regolamentazione. Quali politiche pubbliche, per quali regole?” organizzato dall’Ambasciata di Francia in Italia e a cui interverranno, tra gli altri, Stefano Mauri, Marco Polillo, Gian Arturo Ferrari. Poi tre politici (tra cui il famigerato Franco Levi) e un’esponente italiana del mondo delle biblioteche, Rosa Caffo, direttrice dell’ICCU (Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche). Di autori, librai e lettori nemmeno l’ombra. Però siamo tutti invitati a partecipare.
Infine, un’iniziativa lodevole che spero avrà un seguito: quella dell’Associazione Forum del Libro la quale, proprio a fronte di una situazione in cui tutti pubblicano e scrivono ma pochi, pochissimi leggono e in cui la promozione alla lettura e le politiche annesse sono a dir poco carenti, si propone di riorganizzare un po’ le fila e creare un gruppo di discussione – e di lavoro – aperto a tutti gli operatori per cercare di fare proposte concrete e sensate.
In questi casi, devo confessare che in me prevale il pessimismo della ragione, anche se non smetto mai di sostenere e far causa comune con chi è animato dall’ottimismo della volontà.
P.S.: Non dimenticate di venire a Librinnovando, ormai manca meno di un mese. Magari potremmo conoscerci di persona, visto che sono stato invitato a parlare in non uno ma ben due sessioni. A proposito di ottimismo della volontà (loro).
100 al giorno forse?
Direi, sì 😉 Editato (la matematica per me è sempre stata un’opinione che neppure condividevo)