L’informazione piramidale e quella di rete

Tempi duri per l’informazione “ufficiale”,  soprattutto cartacea. Sembra infatti che la temutissima rete informativa 2.0 gli stia erodendo giorno dopo giorno sempre più terreno. Un terreno chiamato credibilità.

Nel mondo anglosassone se ne parla apertamente e non solo ci si pone interrogativi, ma si riconosce questa nuova dimensione dandole spazio e, appunto, credibilità. Basta leggere un pezzo sul sito della BBC o della versione digitale di un quotidiano come il Guardian per rendersene conto: di qualsiasi evento nel mondo si parli, non solo si riportano tweet di chi lo sta vivendo in diretta, ma all’articolo segue sempre un appello a chi vive nel posto perché dia la sua testimonianza.

Si tratta in questo caso di entrare in simbiosi con la logica della condivisione, che sta alla base del concetto di rete. Una logica che sembra stentare ancora molto a far parte del dizionario giornalistico nostrano, se vediamo accadere cose come questa, la quale a sua volta spinge gli italiani residenti in Giappone a costituire un gruppo su Facebook per dare visibilità alla loro versione dei fatti, notevolmente differente da quella propinata da testate italiane anche prestigiose.

Avevo parlato del giornalismo nell’era digitale in due post che a distanza di mesi mi sembrano comunque ancora piuttosto attuali, segno appunto che poco è cambiato  nella mentalità di chi fa giornalismo in Italia, che però in fondo è analoga a quella di chi fa cultura, politica e via dicendo nel nostro Belpaese. Una mentalità profondamente piramidale, che ha portato alla “sindrome dell’ipse dixit” spesso evidente nei discorsi di tutti i giorni: “l’ho letto sul giornale”, “l’ho sentito alla televisione”, “l’ho letto in quel libro”, “l’ha detto quello, che è un dottore/avvocato/professore (ad libitum, ma ormai basta anche essere “tronista”)”.

Una dimensione molto di comodo, in cui basta una voce “autorevole” per dirimere ogni dubbio, compreso quello di capire in che cosa consista la sua autorevolezza, e comunque verificarla.

Una dimensione che in una prospettiva 2.0 (in cui cioè ognuno è potenzialmente “fonte autorevole”) non regge più e viene erosa, come infatti sta accadendo, complice anche la non impeccabile professionalità dei nostri giornalisti.

Che poi sorgano nuovi interrogativi sulla veridicità delle fonti che ora si moltiplicano a dismisura è un altro dato di fatto e meriterebbe un’accurata analisi a sé; fatto sta che non si può ignorare – come infatti le testate anglosassoni hanno capito – che il one way communication è morto, che lo spettatore è ormai anche “spettautore” e non solo, come  abbiamo visto in molti casi dall’Egitto alla Libia al Giappone, è spesso l’unica fonte a cui attingere immagini di avvenimenti cui il giornalista professionista non ha inizialmente accesso, ma a sua volta può aprire un blog e raccontarci quel mondo non da inviato speciale che alloggia all’albergo di lusso e vive quella realtà per qualche giorno, ma come testimone oculare quotidiano. Cosa ben diversa, che già di per sé, a mio parere, gli attribuisce molta più credibilità di qualsiasi tessera o albo.

P.S.: Ovviamente si parla di un certo tipo di giornalismo, non di coloro che fanno al meglio il loro mestiere e per realizzare un reportage rischiano magari la vita o addirittura sono morti . Questi sono giornalisti. Molti altri, quelli di cui si parla qui in questo post, non meritano di essere chiamati loro colleghi.

2 pensieri su “L’informazione piramidale e quella di rete

  1. Il giornalismo digitale costa meno di quello di carta e raggiunge molte più persone (tutta la comunicazione digitale costa meno di quella di carta o televisiva, per quanto gli uffici media per la pubblicità su google paiano già cari come il fuoco). Ed il principio che lo sta rendendo un successo è il fatto che l’ergonomia del reperimento delle informazioni ormai passa per la rete. Quando cerchiamo un prodotto, prima di fare la spola per nogozi passiamo per quelli di internet.
    Per quello, possiamo anche comprare il giornale di carta, ma tanto abbiamo visto la pagina di repubblica almeno una decina di volte lo stesso giorno.
    Su questo processo ha funzionato anche la campagna delle presidenziali di Obama con il suo appuntamento video su youtube.
    E concordo con te, sulle fonti, sia io che tu che motivo avremmo di dire cose non aderenti alla realtà. Così tutti gli altri. E forse mandiamo anche a casa una struttura editoriale chiamata albo che ha sempre più la parvenza di corporazione e meno di organo di tutela della professionalità.

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